Taylor Phinney racconta: “C’era un grande abuso di oppioidi nello sport”

Taylor Phinney racconta alcuni retroscena della sua carriera. Tra i maggiori talenti della sua generazione, complice anche un terribile infortunio non è mai riuscito ad arrivare al livello che ci si aspettava da lui, concludendo la sua carriera anzitempo nel 2019, a 29 anni. Personaggio atipico, tra i primi ad usare con frequenza i social e sempre molto aperto al dialogo con appassionati e stampa, nel podcast Thereabouts racconta alcune difficoltà della sua carriera, tra i quali il trovarsi ad entrare in un mondo in cui si faceva uso di oppiodi e iniezioni di cortisone, pratiche di cui non si era sentito libero di poter parlare a causa del controllo esercitato dalla sua dirigenza.

“C’è stato un periodo in cui mi veniva detto di finire le borracce in corsa – racconta – Quando ho iniziato a correre il periodo dell’EPO e delle trasfusioni sembrava finito, ma c’era ancora un grande abuso di oppioidi nello sport. Non so se questo ora sia finito, ma era talmente ampio nei miei primi anni che a fine corsa ti prendevi un paio di Tramadol, che è un po’ come prendere una pasticca o due di Vicodin assieme ad un bel po’ di caffè e magari delle Pseudoefedrine. È praticamente una bomba, se lo prendo ora mi manderebbe sulla luna. Non faceva per me, ma mi è stato offerto”.

Oltre agli oppioidi, racconta anche gli effetti che una iniezione di cortisone può avere per migliorare le prestazioni (uno dei cavalli di battaglia del Movimento Per un Ciclismo Credibile). “Gli antidolorifici non erano l’unica cosa, specialmente nelle classiche erano in molti a farlo. Per me era una follia e ne ho parlato in una intervista, raccontando anche come ad alcuni veniva fatta una iniezione di cortisone al momento giusto per alcune corse, cose di cui non hai bisogno. Se hai bisogno di una iniezione devi fermarti per un po’, non prenderla e poi magari vincere il Fiandre”.

Nel suo caso specifico racconta di averla fatto quando si è rotto la gamba: “Era come se volassi malgrado mezza gamba non mi funzionasse. In quel momento ho capito meglio. Ne ho parlato pubblicamente e sono stato rimproverato dalla dirigenza”. Un episodio che lo ha fatto riflettere sul fatto che “una volta che sei nel sistema e cominci a parlare delle cose sbagliate, ma queste sono in qualche modo connesse a chi ti paga lo stipendio sei in una posizione per cui le persone possono dirti cosa dire e punirti se non obbedisci alle regole che possono decidere in qualsiasi momento”.

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